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Angelo Abrate, il pittore alpinista. La mostra sarà visitabile fine al 28 agosto

DiElena.Caligiuri

Lug 21, 2022

VIU’ – Anche quest’anno il Museo d’Arte Sacra ospita una piccola mostra di pittura. Dopo le opere di A. Neuschuler e di G. Piumati, questa estate sono esposti alcuni dipinti di Angelo Abrate, che a differenza dei primi due non ha frequentato assiduamente le Valli di Lanzo. Era però un ottimo alpinista e accademico del CAI, come il suo caro amico Carlo Virando della Balma di Viù.
Abrate, per la sua grande passione per la montagna scalata e dipinta en plain air, è infatti conosciuto come il “pittore alpinista” ed è per questa peculiarità che viene proposto al pubblico, insieme alla mostra, “Di rifugio in rifugio. Scenari di alpinismo nelle Valli di Lanzo” -esposte nelle due sedi museali di Usseglio e Lemie.
Si aggiunge così un altro piccolo tassello nella conoscenza di artisti che hanno amato la montagna.

L’inaugurazione il 23 luglio ore 11. La mostra sarà visitabile dal 24 luglio al 28 agosto il fine settimana in orario 15-18.

≪Angelo Abrate – scrive Marino Periotto – nasce a Torino il 21 aprile del 1900, dove trascorre tutta l’infanzia e la giovinezza. Sono anni piuttosto duri, vissuti in estrema povertà, condizione che obbliga da subito Abrate a trovare un lavoro nel settore metalmeccanico/metallurgico e contribuire al sostentamento della famiglia.
Gli interessi di Abrate si indirizzano ben presto lungo due specifiche direzioni: la passione per la pittura e quella per la montagna, spingendolo a lasciarsi alle spalle la città e a trasferirsi prima a Courmayer e poi a Sallanches. Due autentici poli di attrazione, entrambi rigorosamente al cospetto del “suo” Monte Bianco, di cui l’artista piemontese diverrà massimo interprete tanto da meritarsi l’appellativo di “Peintre du Mont Blanc”.
Egli si rivela, da subito, un artista controcorrente in un periodo storico in cui è la macchina fotografica ad avere preso il sopravvento in montagna, mentre lui preferisce dedicarsi ad un nuovo tipo di pittura. Abrate diventerà così il pittore della montagna non solo intesa come dipinti di paesaggi ma anche come testimonianza della sua vita fra le pareti.
Lui stesso lo racconta nel romanzo autobiografico “L’ultima tela”, in edizione italiana del 1973, dove il protagonista, Nino, esperto alpinista e talentuoso pittore si era fatto costruire una scatola di alluminio che legava alla coscia con una cinghia e che utilizzava dipingendo sempre seduto, ovunque, senza il cavalletto.
In ambito alpinistico entra a far parte del Club Alpino Accademico Italiano nel 1923 e del Groupe Francais de Haute Montagna du Club Alpin Francais nel 1926, anche grazie ad imprese di assoluto rilievo come la prima ascensione della cresta Sud-ovest dell’Aiguille de Leschaux, quota 3370 metri (27-28 luglio 1923), assieme a Francesco Ravelli e Guido Alberto Rivetti.
Nell’ambito artistico, Abrate è impegnato nelle sue prime esposizioni presso il CAI di Torino nel 1924, a Chamonix nel 1927 e ancora a Torino e Biella nel biennio 1928-29.
La determinazione che è propria dell’uomo e dell’alpinista nello scalare è la stessa che, già nel corso degli anni Trenta e sino a ridosso del secondo conflitto mondiale, porta Abrate (autodidatta) ad affermarsi in maniera definitiva in ambito artistico: Genova, Torino, Milano, Cortina d’Ampezzo, Vercelli, sono alcune delle città italiane in cui l’artista piemontese espone in quegli anni. L’artista muore nel 1985 in Alta Savoia≫.

≪Angelo Abrate è stato un ideale allievo di Giovanni Segantini e Ferdinand Hodler – commenta Gian Giorgio Massara parlando delle opere esposte – dai suoi dipinti emana la poetica religiosità che ritroviamo negli ampi brani di cielo, nella soffice coltre di neve che avvolge le baite, nei bruni speroni rocciosi che costituiscono talvolta una vera quinta teatrale al fine di incorniciare il paesaggio.
In tempi recenti le opere dell’artista sono state ammirate presso le gallerie Berman e Fogliato di Torino, a Usseglio il cui Museo “Tazzetti” ha ospitato una coppia di superbi dipinti nella mostra del 2020, ad Aosta dove, nella chiesa di San Lorenzo, Leonardo Acerbi e Marina Maia hanno raccolto un buon numero di opere.
Abrate è convinto che la montagna dipinta debba essere “verità”. Ecco allora nel nostro raccolto museo di Viù esposte cinque significative opere. La prima opera Fontana Madonna della Losa in Valle di Susa, che richiama alla memoria i Casolari del 1927, raffigura un sereno paesaggio estivo con le rustiche abitazioni, l’aia assolata, la quinta di alberi che il vento scompiglia.
Le Grandes Jorasses dal Ghiacciaio Talèfre consente di affacciarsi al tema più caro ad Abrate: l’ergersi dei monti, un vallone invaso da ombre violacee e lo sperone di roccia in primo piano che chiude una veduta ben giocata fra le luci e le ombre, contraddistinguono questa ottima tela.
Gli altri tre dipinti raffigurano paesaggi invernali di alte vette dipinti tra il 1937 e il 1938, quando Abrate ancora usava il coltello “per dipingere”. In Dall’altra parte del Colle del Gigante verso il Monte Bianco una nuvola passeggera cela parte della catena montuosa inondata dal sole contrastando così la zona d’ombra che delimita il valloncello. Le rocce, scoperte e scure, denunciano che la stagione rigorosamente invernale è superata e che il sole già risplende sui ghiacciai.
Sereno è l’olio Tra Joule e Checruit: quattro sono gli spazi scenici montani che l’osservatore ammira, mentre sulla coltre nevosa s’impongono le conifere verdeggianti a sottolineare celate presenze umane.
L’ultimo dipinto in mostra vibra nel candore: siamo a Malatrà nel mese di dicembre e le Jorasses s’impongono in tutta la loro maestosità. Solamente l’ombra di un tetto interrompe il biancore del pendìo raggiunto da Angelo Abrate nel 1938 con gli sci.
Le opere del nostro pittore-alpinista si ritrovano in importanti Collezioni, dal ministro Les Lagrange all’Ambasciata italiana di Parigi, dal Municipio di Genova alla Provincia di Torino, alla Collezione del Duca D’Aosta.
Angelo Abrate, che nel 1941 espone a Torino presso la Società Promotrice di Belle arti, nel 1970 ottiene il 1° premio in occasione della Mostra Nazionale della Montagna per il centenario del Museo.
Nella Haute Savoie, dove Abrate scompare nel 1985, l’artista Jean Gaisek ha ripetutamente ripreso i soggetti cari al maestro il cui record d’asta (2011) è stato di circa 8400 dollari con l’opera significativamente di qualità Le village de Bionassay≫.

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