USSEGLIO – Quando il lupo torna, nulla è più come prima. “La vita non ama i vuoti, li riempie. Lasciato libero spa zio al lupo, il lupo si è allargato. E dove torna solleva sempre gli stessi problemi: provoca danni e suscita paure. I danni sono concreti e attuali, le paure molto meno. Ma le affrontiamo con pensieri medioevali”.
Sabato 7 agosto alle 17 ad Usseglio
A parlarne è Luca Giunti, grande esperto di lupi, che sabato 7 agosto alle ore 17 ad Usseglio, presso la Chiesa dell’Antico Complesso parrocchiale di fronte al Museo Civico Alpino “Arnaldi Tazzetti”, presenterà il suo libro uscito a luglio ” Le conseguenze del ritorno. Storie, ricerche, pericoli e immaginario del lupo in Italia”, edizione Alegre.
Guardiaparco presso le aree protette delle Alpi Cozie in provincia di Torino, Giunti è un naturalista e fotografo, partecipa a progetti Life dell’Unione europea ed è autore di articoli divulgativi e scientifici.
Da anni studia spostamenti e comportamenti
«Da anni – spiega Luca Giunti – studio spostamenti e comportamenti, ma catalogo anche le storie e leggende che li riguardano, Il mio libro non è un saggio scientifico, all’interno ci sono riflessioni sul posto del lupo nella nostra cultura, ricordi ed esperienze personali, curiosità e riflessioni politiche». Le sue descrizioni sono precise e chiare, il suo modo di raccontarle sempre coinvolgenti.
Tabù ideologico
Il lupo è un tabù ideologico: non contano i ragionamenti, conta l’appartenenza, lo schierarsi contro o a favore.
Quando mi chiedono la mia opinione sui lupi rispondo che sto nel mezzo, non sto né dalla parte di chi lo vorrebbe veder sparire, né da quella che lo vede come un animale da proteggere e aiutare.
Il lupo è un predatore e come tale si comporta, bisogna rispettare la sua natura. Quando il lupo torna, nulla può essere come prima. In territori come l’Abruzzo dove la presenza del lupo c’è sempre stata si ha un comportamento più coerente, si difendono, sopportano determinate azioni. Invece quando torna, dopo anni di assenza, tutto è più complicato».
Tolleranza
«Il lupo si sa, ama mangiare le pecore, ecco che diventa fondamentale per gli allevatori cercare di contrastarlo.
Bisognerebbe imparare non tanto a convivere con il lupo, ma a tollerarlo. Tollerare la sua presenza non significa azzerare i conflitti, sicuramente ci potranno essere dei momenti difficili, ma si dovrà trovare una soluzione».
Lupi come gangster
«I lupi sono come i gangster che si vedono nei film appostati e attenti prima di rapinare una banca. Pattugliano il territorio, sorvegliano il gregge, conoscono ogni movimento del pastore. Sono dei professionisti. Se anche solo una sera non si chiude perfettamente il recinto, loro saranno pronti ad intervenire e per qualche agnello non ci sarà scampo.
Se invece vengono ostacolati , incrementando la sicurezza, la loro natura li porterà necessariamente a cacciare animali selvatici. Il lupo da questo punto di vista ha degli effetti positivi sull’habitat. Tornando ha cambiato il comportamento delle prede, le ha rese più toniche, più attive e attente».
Esemplari nelle Valli di Lanzo
Da cinque, sei anni nelle Valli di Lanzo, ci sono due branchi di lupi stabili per un totale di circa 15 esemplari. Alla fine del 2018 in Italia sono stati individuati 2mila lupi. «Per il 2020-21, bisognerà attendere i dati ufficiali, ma potrebbero aggirarsi sui 2mila e trecento.
Lo spostamento in collina e pianura
Ma nei prossimi anni il lupo – prosegue Giunti – non rappresenterà più un problema per la montagna, ma per la collina e la pianura. I branchi cercheranno nuovi territori e nuove prede. Dieci anni fa non c’erano le zecche. L’anno scorso non c’era il coronavirus. Rimpiangere un bel tempo antico mai esistito o lamentarsi non serve a niente. Adattarsi è l’unica strategia per una possibile sopravvivenza».
Perché come scrive Roberto Bui nell’introduzione “Il lupo è come un reduce che torna da una guerra di cui ci eravamo scordati. Riporta a galla memorie culturali, ci accende lampi nella mente».