A cura di Daniela Della Casa
In questi giorni in cui molto si parla di Olocausto, il 27 gennaio è il giorno della Memoria con molte celebrazioni, a me è venuto in mente Primo Levi, grande scrittore ebreo, torinese, internato ad Auschwitz.
Piccolo preambolo per soffermarmi poi su un momento particolare della sua vita, vissuto nel nostro territorio, nello specifico l’Amiantifera di Balangero.
Nato a Torino nel 1919, Levi si laurea in chimica nel 1941. Essendo ebreo, vive sulla sua pelle le leggi razziali, entra a far parte dei partigiani in Valle d’Aosta dove viene catturato nel ‘43 dai fascisti e mandato a Fossoli, campo di concentramento in Emilia per essere poi spedito ad Auschwitz. Liberato dai Russi nel gennaio 1945, riesce a tornare a casa solo ad ottobre. Muore suicida a Torino nel 1987. Numerosi ed immensi i suoi romanzi che trattano l’esperienza orrenda del campo:Se questo è un uomo, La tregua, I sommersi e i salvati, Se non ora, quando etc.
Oggi mi riferirò ad un racconto Nichel che fa parte della raccolta “ Il sistema periodico”. Il periodo cui mi riferisco è il 1941. Levi ha ottenuto la laurea in Chimica con la seguente dicitura: “A Primo Levi, di razza ebraica, viene conferita la laurea in Chimica con 110 e lode”. Levi definì quel documento mezzo gloria e mezzo scherno, mezzo assoluzione e mezzo condanna. In effetti essendo in vigore le leggi razziali dal 1938 significava che non avrebbe mai potuto usare quel diploma. La cosa lo angustiava parecchio, anche
perché in quell’anno suo padre si era ammalato di cancro, le cure erano costose e lui si sentiva inutile ed impotente. Ma un mattino di dicembre suonò il campanello di casa. Scrisse Levi: “…era un giovane alto e magro, in divisa di tenente del Regio Esercito, ed io non tardai a ravvisare in lui la figura del messaggero, del Mercurio che guida le anime, o se vogliamo dell’Angelo Annunciatore: di colui insomma che ognuno attende, lo sappia o no, e che ti porta il messaggio celeste e ti fa cambiare la vita, per il bene o per il male, ancora non lo sai, fino a che lui non abbia aperto bocca.”
Il misterioso angelo tenente, dal forte accento toscano, dai modi gentili propose a Levi un lavoro molto particolare in un luogo segreto, una miniera, non molto lontano da Torino. Lui avrebbe dovuto presentarsi sotto falso nome, nessuno avrebbe dovuto sapere che era ebreo, avrebbe avuto una stanzetta riscaldata ed un laboratorio e i pasti glieli avrebbe forniti una famiglia di operai, brava gente. Avrebbe dovuto occuparsi, non dell’amianto, ma degli scarti della lavorazione per trovare tra il materiale una seppur minima quantità di Nichel, minerale molto ricercato e prezioso. Levi accettò senza indugio e seppe allora che si trattava della miniera di amianto di Balangero.
Arrivò a Balangero con un bagaglio leggero: equipaggiamento da montagna, un camice e qualche libro. In quei mesi di lavoro Levi non solo si appassionò alla sua ricerca che alla fine si dimostrò ahimè infruttuosa e quindi abbandonata, ma sperimentò le sue qualità di scrittore. Molti critici pensano che racconti quali Mercurio, Piombo e appunto Nichel siano stati creati proprio a Balangero.
Interessanti alcune parole dello scrittore che racconta: “ Partimmo, scendemmo dal treno ed arrivammo dopo cinque chilometri di salita in mezzo ad un bosco splendido di brina…
Il “qualche luogo” di cui aveva parlato l’angelo tenente, si era dunque localizzato nello spazio, senza però perdere nulla della sua magia. Già tutte le miniere sono magiche, da sempre. Le viscere della terra brulicano di gnomi, coboldi( cobalto!), niccoli ( Nichel!) che possono essere generosi e farti trovare il tesoro sotto la punta del piccone, o ingannarti, abbagliarti, facendo rilucere come l’oro la modesta pirite,
o travestendo lo zinco con i panni dello stagno: e infatti sono molti i minerali i cui nomi contengono radici che significano “ inganno, frode, abbagliamento”.
Anche quella miniera aveva una sua magia, un suo incanto selvaggio. In una collina tozza e brulla, tutta scheggioni e sterpi, si affondava una ciclopica voragine conica, un cratere artificiale, del diametro di quattrocento metri; era in tutto simile alle rappresentazioni schematiche dell’Inferno, nelle tavole sinottiche della Divina commedia…”
Breve assaggio dello splendido racconto che invito i lettori a conoscere per intero, al fine di scoprire lo scrittore Primo Levi nella sua veste di chimico.