VIU’ – ”Ricreare una filiera della lana locale e valorizzare la funzione sociale del pastore, custode delle Terre Alte”, il 28 gennaio prossimo, l’Unione Montana Alpi Graie dedicherà un pomeriggio di approfondimento sul tema
Questo il titolo del dibattito che si aprirà intorno alle 15.00 presso il Centro Polivalente di Viù e che vedrà
presenti, oltre alle Istituzioni, la redattrice del progetto, il Consigliere delegato all’Agricoltura dell’Unione
stessa, Lorenzo Albry, allevatori, artigiani e operatori del settore, il mondo scientifico, rappresentato dalla
Scuola di Agraria e Medicina Veterinaria dell’Università di Torino.
L’ipotesi di progetto, studiato su base triennale da Alessandra Degli Esposti di Coassolo, che ha avuto
l’opportunità di svilupparlo durante un tirocinio propedeutico alla laurea, svolto appunto presso l’Unione
Alpi Graie, sotto il tutoraggio di Lorenzo Albry, affronta un problema che in passato non avrebbe avuto
ragion d’essere. La lana di pecora era infatti un materiale prezioso, dal quale si ricavava buona parte
dell’abbigliamento delle genti alpine: calze, viroucche, courpòt, majès dou bord, oltre che materassi, cuscini. Oggi, viceversa, l’abbandono dei materassi e delle coperte in lana, nonché di tutto l’abbigliamento prodotto con la lana grezza, per via di reali o supposte forme allergiche alla lana stessa, fa sì che un materiale assolutamente naturale sia diventato un problema e un costo e che, tutt’al più, se ne possa tentare un utilizzo in bioedilizia, quando addirittura non si proceda all’eliminazione per interramento o per combustione, con tutto quello che tale scelta comporta anche a livello di inquinamento ambientale.
Alessandra Degli Esposti, guidata da Albry, da sempre appassionato di allevamento ovino, ha visitato, sul
territorio delle intere Valli di Lanzo, ben 35 aziende, con 4000 capi in totale, per i quali la tosatura è
un’operazione imprescindibile, se si vuol garantire il benessere dell’animale. Lo studio è stato calibrato su circa 10 quintali di lana, che sono sicuramente inferiori alle potenzialità del territorio, la cui trasformazione in fiocco (da imbottitura o successiva feltratura, filo cardato per tessuto) e top (filo in gomitoli o matasse, filo lavorato a catenella o lavorato tradizionalmente) si aggira intorno ai 5 quintali.
Quale l’obiettivo del progetto? Fare in modo che questo patrimonio non venga disperso e ancor meno
combusto e che la lana pulita o semilavorata possa invece tornare agli artigiani locali per essere
trasformata, ma che sia anche contraddistinta da un marchio che ne identifichi la provenienza.
Sabato al polivalente sarà possibile anche prendere visione di antichi e nuovi metodi di lavorazione, dalla
filatura alla tessitura, oltre che dei prodotti finiti della lavorazione artigianale. Sarà dunque un’occasione
per riflettere sul tema del riutilizzo di materiali autoctoni che la civiltà dei consumi ha accantonato,
facendone dei rifiuti “speciali”.
La pandemia, i cambiamenti climatici, la crisi sempre più evidente del consumismo potrebbero suggerire
scelte meno improntate a una dissennata eliminazione di un prodotto sano e pregiato e a trovare nuove
strade per un’economia che conserva e valorizza, anziché disperdere. In tutto questo è però necessaria la vicinanza delle Istituzioni e di una politica agricola più attenta e responsabile, in cui vengano contemperate le esigenze di tutte le parti coinvolte.